Io sono Batman

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Un pensiero. Accosto, metto le quattro frecce, scendo e mi guardo intorno. Questa strada non la conosco, eppure la faccio tutti i giorni. C’è qualcosa di strano. Sento di non aver messo tutti i pezzi del puzzle al proprio posto, come invece credevo. Giorno di riposo. Ieri sono stato ad un concerto con il mio gruppo di amici, quelli che speri di avere sempre al tuo fianco soprattutto quando stai bene, per condividere con loro la tua felicità. Mi guardo intorno: sono in aperta campagna, in mezzo ad una stradina poco frequentata, e sto ripensando al concerto di ieri. Eravamo tanti, ballavamo e cantavamo sotto il diluvio universale con i lampi che in lontananza illuminavano Roma. Stavamo facendo quello che in quel momento ci faceva stare bene, o almeno a me faceva stare benissimo. Era tutto perfetto, fino a che un pensiero come sempre mi ha colpito mentre saltavo come un matto: “sei piccolo”. Una voce nella testa, così dal nulla: “sei piccolo”. Sbem. Distrutto. Anche il semplice saltare e spegnere la testa ormai risultava difficile, inutile. Come quando ascolti una canzone a palla e qualcuno ti dice che ascolti musica di merda… le cose sono due: o ti incazzi e lo mandi a quel paese o te ne sbatti le palle e ascolti e canti la canzone a volume ancora più alto. Per un attimo avevo deciso per la seconda opzione: ballare, cantare sotto la pioggia e vaffanculo. Invece mi sono fermato nel bel mezzo del concerto, completamente bagnato con tutti intorno a me che pogavano e si spingevano come dannati. Ho cominciato a pensare, mentre il cantante cantava la mia canzone preferita, domandandomi se qualcun altro lì vicino a me stesse pensando la stessa cosa che stavo pensando io.
Ora sono qui, in mezzo ad una stradina di campagna con l’auto accostata che penso e mi mordo le labbra, incazzato. Ma possibile che non riesco nemmeno a godermi un cazzo di giorno di riposo o un concerto? Penso a chiamare lei, ma no. Stavolta è impossibile, non potrebbe rispondermi. Stavolta me la gestisco da solo. Stringo i pugni, guardo in alto e urlo: «ma perché cazzo non potevo nascere Re Artù?». Silenzio. L’ho detto davvero… ma dovete capirmi: ho ventisette anni, indosso una maglietta che ormai mi sta larga e dei pantaloni corti che sono gli stessi che avevo ieri al concerto, ovviamente lavati. Ho capelli che non mi piacciono, un fisico che non mi piace mai, che una volta è troppo magro e un’altra è troppo massiccio e un naso che sembra rotto, ma soprattutto non ho super poteri, né un destino meraviglioso che mi attende. Cioè, non ho nessuna cazzo di spada nella roccia che mi aspetta da qualche parte, capito? Non pensate anche voi sia una cosa ingiusta? Oh, andrebbe bene anche un martello magico, tipo quello di Thor. O anche un super potere genetico, tipo Superman. Invece no. Non ho neanche una velocità supersonica, faccio sempre ritardo. Non ho tatuaggi, ho paura a farmeli, il ‘per sempre’ mi spaventa. Sono stonato, faccio movimenti goffi per ogni azione e non so ballare. Mi affeziono terribilmente, tanto da essere geloso di chiunque. Dai, come non essere compatito se mi ritrovo in un giorno a caso ad urlare in mezzo ad una stradina a caso incazzato con un dio a caso? Che poi giuro che c’ho provato spesso a somigliare ai miei idoli, o quantomeno agli idoli degli altri. Palestra, corsa, proteine, addominali e piegamenti, ‘sticazzi’ tatuato nell’anima, perché gira voce che il tipo che se ne sbatte di tutto e tutti piaccia. Ma niente… oh, io non sono così, quindi eccomi qui ad urlare da solo in mezzo alla campagna chiedendo a chi di dovere per quale motivo non mi abbia fatto nascere Re Artù. O Thor. O Superman. O anche un supereroe di serie C, non è che avrei disdegnato. Ma qualcuno di figo, qualcuno a cui spetta qualcosa, qualcuno da ammirare e non di cui ridere per le figure di merda che fa.
Pausa. Respiro. Alzo lo sguardo e vedo il cielo limpido che comincia a riempirsi di nuvole.
«Oh» dico, «eh» rispondo, «ma a te Superman t’è sempre stato sul cazzo». Rifletto. «Oh, è vero» ammetto, «mai sopportato. Facile spaccare i culi coi super poteri genetici» puntualizzo. «Appunto» mi dico, «e pure Thor. È praticamente l’unico personaggio cinematografico Marvel che non segui. Quindi, cazzo ti lamenti?». Ho ragione… che mi lamento? E improvvisamente la luce: ho sempre sognato di essere Batman, Robin, Spider-Man che sì, ha i super poteri, ma li ha guadagnati in quanto sfigato cronico. Come me. Ed ecco, finalmente la risposta: ‘sti cazzi. Ma ‘sti cazzi veramente eh… non ho mai avuto la pappetta pronta, ho sempre sgomitato e ho preso cazzotti in faccia per ottenere quello che volevo. Adesso me ne pento? No. Bene, ecco la risposta. Sono Batman, porca vacca. SONO BATMAN! E odio i Superman che hanno già tutto pronto, faccetta bella ripulita, addominali scolpiti, sguardo ammiccante, sorrisetto sicuro. Lotterò per tutta la vita contro la perfezione, perché la perfezione non esiste.
Respiro. Salgo in macchina ma scendo subito. Ho bisogno di sfogarmi e quindi salto, urlo, corro per i prati spaventando le vacche che stanno pascolando. Sono piccolo, ma sto bene. Salto, canto da schifo, ballo e mi slogo una caviglia, corro e mi scoppia il cuore. “Sei piccolo”, lo so. Ma ‘sti cazzi. “E sei anche volgare”, lo so. Ma ‘sti cazzi. “E ce l’hai sempre con tutti, stai sempre incazzato”, vero. Ma ‘sti cazzi.
Corro. Salto. Ballo.
Sono Batman.
Urlo. Canto. Rido.
Sono Batman. Ho la Batmobile.
Torno alla macchina, fiero, orgoglioso, calmo. Ho tutto quello che volevo, tutto. Devo solo sforzarmi un po’ di più, non avendo una spada magica e un mago che mi consiglia. Improvvisamente mi squilla il cellulare. È lei. «Oi? Come va? Che fai?» domanda. “Che fai?”, basta una domanda stupida per farmi stare meglio. Ho tutto. «Tutto bene, tutto alla grande mia dolce Catwoman!» urlo. Silenzio, la sento sospirare, «sei ubriaco, vero?» mi domanda ed io scoppio a ridere. «Non sono ubriaco scema, sono Batman. Non fare domande. Ti butti dal grattacielo con me?» domando, «ma se ci buttiamo ci sfracelliamo, cretino. Non sarebbe meglio essere Superman e Supergirl?», «NO!» la rimprovero, «siamo Batman e Catwoman e usiamo i gadget speciali per atterrare morbidamente» puntualizzo. Silenzio. «Ok, Bruce» dice lei, «ci vediamo stasera e andiamo a liberare Gotham City?» domanda, «certo» rispondo, «ciao scemo» e riattacca.
Ho tutto. Io ho tutto. Sono Batman. Sono Batman!
Salgo in macchina, giro la chiave.
Giro la chiave.
Giro… giro la chiave. Niente, la Batmobile non parte. Scendo, chiudo lo sportello e mi guardo intorno, scocciato, poi improvvisamente eccolo, lo vedo: il Superman di turno che sfreccia come un matto col suo mantello rosso, mi guarda, sorride maligno e soddisfatto e se ne va, lasciandomi lì dove mi ha trovato, da solo, nel mio piccolo.
‘Sticazzi.

Andrea Abbafati